Il muro messicano

La barriera di separazione tra Stati Uniti e Messico, detta anche muro messicano o muro di Tijuana, è una barriera lunga 3.169 chilometri, alta dai due ai quattro metri e fatta di lamiera metallica sagomata. Essa è stata costruita dagli Stati Uniti tra il 1993 e il 2017 per impedire traffici illegali di migranti sudamericani lungo il confine messicano. Prima però di parlare di quella barriera è necessario soffermarci brevemente su alcuni momenti storici che hanno caratterizzato e definito le relazioni tra i due Stati. 

Dopo un lungo periodo di tensioni e scontri che portarono alla guerra messicano-statunitense del 1846-48 per la divisione dei territori, nel 1853 si arrivò finalmente alla definizione del confine tra Messico e Stati Uniti con l’acquisto da parte di questi ultimi della regione messicana Gadsen (corrispondente all’attuale parte sud dell’Arizona e del New Mexico). Negli anni successivi le città messicane e statunitensi iniziarono a stringere rapporti commerciali ed economici. Furono costruite ferrovie che attraversavano il confine, molte società statunitensi effettuarono investimenti in Messico e agli inizi del XX secolo le agenzie americane controllavano l’80% degli stabilimenti industriali messicani.

Tra il 1910 e il 1920 molti messicani, con la compiacenza del presidente democratico Wilson, vennero utilizzati come manodopera americana; ma con la grande depressione del ’29 gli Stati Uniti, con un’inversione di tendenza, iniziarono a chiedere un visto ai lavoratori immigrati. In questo contesto nacque una nuova tipologia di immigrati, chiamati trasmigranti o "commuters" o "tarjetasverdes" (dal colore del documento del permesso di soggiorno “Green Card”). Durante la Seconda guerra mondiale i cittadini messicani vennero ingaggiati e utilizzati dagli USA come manovalanza a basso costo. Questi immigrati venivano chiamati “braceros, i quali erano dotati sì di un contratto di lavoro, ma a tempo determinato. 

Nel 1969 il presidente repubblicano Nixon intraprese l’operazione Intercept per fermare lo spaccio internazionale di marijuana e successivamente, nel 1971, a San Diego è sorto il primo muro, lungo 22 chilometri. Nel 1986 Reagan, anche lui presidente repubblicano, aumentò le sanzioni penali contro il lavoro irregolare e la zona di confine venne militarizzata. Il suo successore repubblicano Bush senior tra il 1988 e il 1993 continuò la stessa severa politica di repressione, elaborando la strategia “prevenzione attraverso la deterrenza” mediante la costruzione di recinzioni e sbarramenti sul confine, completando nel 1993 il primo tratto di 22,5 chilometri dell’attuale muro. Nel 1994 il nuovo presidente democratico Clinton continuò la costruzione della barriera, aggiungendovi la presenza fissa di forze di polizia al confine. Nel 2006 il repubblicano Bush junior con la legge Secure Fence Act formalizzò l’atto di volontà di erigere una vera e propria barriera fisica di 1.100 chilometri per rafforzare il confine. Gli stessi democratici Clinton e Obama in quell’occasione votarono a favore di quest’ultima e, senza prevedere una diminuzione dei fondi stanziati per mantenere la barriera, furono attuate delle politiche a favore degli immigrati (permessi di soggiorno e controllo del lavoro minorile). Obama, inoltre, durante il suo incarico espulse due milioni di immigrati irregolari, poi nel 2012 concesse dei permessi di lavoro temporaneo rilasciando le “Green Card” ai “dreamers” (giovani sudamericani di età media di 24 anni). Nel 2016 salì al governo il repubblicano Trump e rilanciò il progetto del rafforzamento del muro e del controllo dell’immigrazione attraverso il confine messicano.

 La barriera è situata nelle aree urbane di San Diego e di El Paso (Texas), che in passato hanno visto il maggior numero di attraversamenti clandestini. La costruzione della stessa barriera però non ha fermato il numero di persone che hanno cercato di superare illegalmente il confine, passando attraverso il deserto di Sonora o il monte Baboquivari, in Arizona, e mettendo a rischio la loro vita. Infatti tra il 1994 e il 2007 si contano 5.000 decessi di migranti lungo il confine. In Messico, il fenomeno emigratorio, viene visto come una soluzione per far fronte a situazioni disagevoli della società, come disoccupazione e criminalità, quindi non è mai stato affrontato come problema sociologico all’interno dello stato stesso.

Molti dei migranti illegali provengono da altre zone sudamericane, essi arrivano in Messico dopo un lungo percorso pieno di difficoltà e di pericoli naturali, rappresentati dai fiumi e dal deserto, e di rischi causati dai trafficanti di migranti clandestini, chiamati “coyotes”, che abbandonano le persone ad un destino pieno di rischi come l’essere derubati o avere a che fare con le autorità messicane e statunitensi. Il governo messicano ha preso due iniziative per tutelare i migranti. Ha creato il Gruppo beta, un corpo di polizia che ha il compito di scortare i migranti e raccogliere le denunce riguardo ai maltrattamenti subiti dalla polizia, e ha avviato il programma Paisano, un’agenzia statale che si occupa della distribuzione di materiale informativo sui diritti umani e sui centri utili ai migranti.

Anche se i migranti riescono a superare il confine messicano si prospetta comunque una nuova serie di problemi, infatti sono frequenti gli abusi compiuti dalla Border Patrol (la polizia di frontiera degli USA). Soprattutto nell’ultimo periodo Trump ha potenziato il livello di protezione contro i migranti arrestati, permettendo anche azioni di contenimento violento, per esempio separando i genitori dai figli minorenni, sperando di ottenere così un effetto deterrente sui centri americani e messicani attraverso cui si cerca di superare la barriera.

Questo atto è stato condannato dall’ONU, facendo notare che la detenzione di un minore costituisce sempre una violazione dei diritti umani e che l’entrare in un Paese straniero senza permesso di soggiorno dovrebbe essere affrontato come un reato amministrativo e che certamente non giustifica la detenzione dei bambini. Nonostante ciò, Trump ha posto come suo cavallo di battaglia per le prossime elezioni del 2020 l’ulteriore rafforzamento e completamento del muro messicano.

Elena Falconi III A LSO