Il muro tra Yemen e Arabia Saudita

COSTRUZIONE DEL MURO

Nel 2013 l’Arabia Saudita completò la costruzione di 1.800 chilometri di muro sul confine yemenita, una barriera di cemento armato disseminata di sensori di movimento, che va dal versante occidentale sul Mar Rosso fino al confine con l’Oman a Est. Il progetto, costato 20 miliardi di dollari, era stato approvato e inaugurato già dieci anni prima, nel 2003, con appena 75 chilometri di muro. Nel Febbraio 2004 i lavori sono stati sospesi, dato che il governo yemenita sostenne che fosse una violazione di trattati passati. Nel 2008 si ricominciò a costruire, con la scusa dell’immigrazione clandestina e della sicurezza interna.

 La ragione ufficiale da parte delle autorità saudite per la costruzione di questo muro è quella di proteggere uno dei Paesi più ricchi del Golfo dall'infiltrazione di militanti di gruppi terroristici dell’estremismo islamico, di impedire il traffico delle droghe e prevenire i rischi del terrorismo in generale. Lo Yemen è considerato una base di al-Qaeda nella penisola arabica (AQAP), è visto come un paese terroristico e quindi potenzialmente 'infettivo'; tanto più dopo che la situazione civile yemenita è peggiorata in seguito alle dimissioni del suo presidente Ali Abdullah Saleh nel 2012.   Da allora i militanti dei gruppi terroristici hanno guadagnato terreno nel Paese e migliaia di migranti clandestini e trafficanti di droga cercano di passare dall’impoverito Yemen in Arabia Saudita, uno dei Paesi più ricchi del mondo. Le tensioni tra i due Paesi restano alte, anche perché il muro è stato costruito 7 km al di qua del confine dello Yemen. 

SITUAZIONE POLITICA DELLO YEMEN:

Dopo una lunga divisione di circa vent’anni, nel 1990 lo Yemen del Nord e lo Yemen del Sud decidono di riunirsi in un unico stato, con San’a come nuova capitale. Diventa presidente Ali Abdallah Saleh.

Nel 2012, a seguito delle rivolte nella parte meridionale del Paese in occasione della cosiddetta Primavera araba, Saleh rassegna le dimissioni da presidente e prende il suo posto il generale sunnita Abd Rabbuh Mansur Hadi, con il compito di guidare per due anni lo Yemen fino a nuove elezioni.

                      

La scintilla che ha innescato la guerra civile nel Paese da poco riunificato sembra sia stato il timore che non si sarebbero più tenute nuove elezioni. Con questa motivazione nel febbraio 2015 il gruppo armato sciita degli Houthi, proveniente dal Nord del paese, conquista la capitale San’a e costringe alle dimissioni il presidente Hadi, che si rifugia a Sud ad Aden, che diventa la capitale ‘’provvisoria’’ dello Yemen.

Le attuali divisioni dello YEMEN sono:

•Nord= in mano agli Houthi sciiti nella capitale San’a, il loro intento è quello di prendere il controllo su tutto lo Yemen.

•Sud= insediamento del presidente in carica Hadi, l’unico riconosciuto dai Paesi dell’Occidente e dalle Nazioni Unite, nella città di Aden.  

•Al-Qa’ida= è riuscito a entrare in possesso di vaste zone nella parte orientale del Paese, appoggiato anche dall’Isis, che si è stabilizzato in diversi villaggi, facendosi sentire con attentati soprattutto contro gli sciiti di San’a.

 GUERRA CIVILE E ALLEANZE INTERNAZIONALI:

In seguito al colpo di stato da parte degli Houthi, iniziò una cruenta guerra civile che ormai dura da cinque anni e continua a contare migliaia di morti tra la popolazione.  Nel marzo 2015 la sunnita Arabia Saudita si mette a capo di una coalizione di Paesi sunniti, che comprende Marocco, Egitto, Sudan, Giordania, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Bahrain e Qatar. Questa coalizione di nove Paesi, capeggiata da un generale saudita della capitale Riyad, inizia un massiccio bombardamento sui territori dello Yemen del nord, controllati ribelli Houthi e supportati soltanto dell’Iran ovvero dal più grande stato arabo sciita.

L’Arabia Saudita combatte in prima linea a favore del governo di Hadi ed è appoggiata dalla comunità internazionale. Gli USA, la Lega Araba e i paesi degli Emirati Arabi sono i principali sostenitori dei sauditi.  Attualmente le forze governative yemenite risiedono ad Aden, nel sud del paese.  Il 23 agosto 2017 ha luogo un ulteriore conflitto: la leadership degli Houthi descrive l'ex presidente Saleh come "traditore" per averli indicati come "miliziani". Si innescano scontri violenti tra due fazioni che portano altre morti. Il 2 dicembre dello stesso anno l'ex presidente propone all'Arabia Saudita di "voltare pagina", a condizione che sollevi l’embargo e fermi gli attacchi contro il Paese. Il 4 dicembre Ali Abdallah Saleh viene ucciso a Sana’a dalle milizie Houthi. Tre anni dopo, il 3 gennaio 2020, il generale iraniano Qasem Soleimani viene ucciso da un attacco mirato all'aeroporto internazionale di Baghdad, in Iraq, per ordine del presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Gli Houthi giurano vendetta e continuano i bombardamenti.

Infine il 9 aprile 2020 entra in vigore la tregua che dovrebbe durare due settimane in Yemen, annunciata dalla coalizione guidata dall'Arabia Saudita. Il cessate il fuoco è legato ai rischi di diffusione del Covid-19, data la grave situazione del Paese in guerra, colpito da povertà, da morte e dal colera che si diffonde tra la popolazione. Lo Yemen, stando a fonti ufficiali, è uno dei pochi Paesi al mondo risparmiati dalla pandemia, forse proprio perché è tra i Paesi più isolati. La tregua risponde a un appello dell’ONU, affinché si sospendano le ostilità in tutto il mondo per favorire il contrasto alla pandemia. 

Nirmin Badi III A LSO