Giornata internazionale per l'eliminazione della discriminazione razziale

La Giornata internazionale per l'eliminazione della discriminazione razziale è una ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite nel 1966 che si svolge ogni anno il 21 marzo. La data è stata scelta in ricordo del massacro di Sharpeville (Sudafrica) del 1960, quando la polizia aprì il fuoco su un gruppo di dimostranti neri, uccidendone 69 e ferendone 180. La manifestazione era stata organizzata dal Pan Africanist Congress per protestare contro la cosiddetta pass law, cioè il decreto governativo che obbligava tutti i cittadini sudafricani neri ad esibire uno speciale permesso se fermati in un'area riservata ai bianchi. La notizia del massacro creò un’ulteriore escalation della tensione fra i neri e il governo bianco. In risposta al diffondersi della protesta, il 30 marzo il governo dichiarò la Legge Marziale.

La discriminazione razziale è la discriminazione basata su razza, colore della pelle o etnia e viola sempre i diritti umani. La Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, che è il principale atto normativo che vieta la discriminazione razziale, afferma che: “[…] il termine discriminazione razziale indica qualsiasi differenza, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, sul colore della pelle, sull’origine nazionale o etnica, con lo scopo di distruggere o sminuire il riconoscimento, l’uso o l’esercizio su un piano di parità dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale o in qualsiasi altro ambito della vita pubblica”. Il principio fondamentale della non-discriminazione è quindi l’uguaglianza dei diritti delle minoranze etniche di fronte alla legge e il diritto ad un’uguale protezione da parte di essa. La legge internazionale vieta la discriminazione razziale in tutti i settori riguardanti la vita dell’individuo.

Solo in pochissimi casi la discriminazione può essere “legittima”. Quando un datore di lavoro assume un impiegato perché appartenente ad una minoranza si tratta di discriminazione diretta, che, però, può essere a scopi legittimi. Assumere un rabbino e farlo lavorare solo con persone di fede ebraica o accettare uno zingaro che sarà responsabile della collaborazione con gli zingari ne sono un esempio.

In Italia ancora oggi si verificano episodi di discriminazione verbale e violenza fisica contro gli stranieri immigrati. Purtroppo nel nostro Paese stiamo assistendo ad una nuova tendenza razzista, molto legata alla questione dell’immigrazione. Alcune formazioni politiche, con il sostegno dei potenti mass-media, al posto di informare e sensibilizzare il popolo italiano, preferiscono gettare benzina sul fuoco, dipingendo gli immigrati come soggetti pericolosi per la società, facendo crescere paura e intolleranza solo per avere più consensi.

Dobbiamo coinvolgere tutti nello smascheramento di questa assurda idea di superiorità razziale.

Ancora oggi, decenni dopo che l’idea di superiorità della razza ariana dei nazisti ha contribuito all'Olocausto, il mondo sta vedendo la persistenza e anzi una nuova ondata del pensiero neonazista e della supremazia bianca.

Dobbiamo reagire a queste idee una volta per tutte.

Al centro dei nostri sforzi, dobbiamo sostenere e promuovere i diritti umani universali.

Ciò include il sostegno alla legislazione nazionale, che promuove la non discriminazione e incoraggia i politici e i leader religiosi a pronunciarsi contro l'intolleranza, gli stereotipi discriminatori e l'incitamento all'odio.

Dobbiamo tutti insieme combattere il razzismo e la discriminazione in memoria di coloro che sono morti in difesa dei propri diritti umani e di quelli altrui.

Riflettiamo su come possiamo promuovere la non discriminazione in ogni Paese e ad ogni livello.

Alcuni giorni dopo l'atroce strage in due moschee in Nuova Zelanda, in cui sono state uccise 49 persone, i fedeli che frequentano una moschea in Inghilterra sono stati sorpresi nel vedere un uomo bianco in piedi accanto alla porta con in mano un cartello: "Sei un mio amico" ha detto l’uomo "ti faró da guardia mentre preghi”.

Colpisce tale solidarietà, ed è ciò che dà speranza dopo una tragedia.

Lo abbiamo visto anche a Christchurch, dove la comunità è uscita in uno sfogo di dolore per deporre fiori ed eseguire la tradizionale haka della Nuova Zelanda.

E l'abbiamo visto l'anno scorso a Pittsburgh, dopo il peggior attacco terroristico antisemita degli Stati Uniti, quando membri della comunità musulmana hanno espresso il loro sostegno e raccolto fondi per le vittime.

"Vogliamo solo sapere di cosa avete bisogno", ha detto il direttore esecutivo del Pittsburgh Islamic Center,“Saremo noi a proteggervi. D'ora in poi, ci saremo ”.

Stringiamo questi legami per prevenire la violenza e difendere le vite e i valori che ci stanno a cuore.

Siamo tutti uniti dalla nostra umanità. Siamo tutti uguali. Aiutiamoci a vicenda. Restiamo umani.

 

Tatiana Gvosdiezcha, III C LSA