E' giusto approvare lo Ius Soli?

In questo periodo,argomento di punta della politica italiana è lo “Ius Soli”: dal latino “legge del suolo”,In pochi sanno cosa espone questa proposta di legge e molti probabilmente l’hanno contraddetta con superficialità. Esistono vari tipi di Ius Soli: quello “puro” è in vigore solo negli Stati Uniti d’America e consiste nell’avere immediatamente cittadinanza americana se si nasce sul territorio statale indipendentemente da tutto e tutti.

L’Italia ha preso in considerazione le altre due opzioni: lo Ius Soli “Temperato” e lo Ius Soli “Culturae”: il primo sancisce che si potrà diventare cittadini italiani se, da dopo la nascita, si vive stabilmente in Italia per cinque anni, mentre se parliamo di ragazzi arrivati tra i 12 e i 18 anni, questi diventano cittadini italiani se vivono per sei anni consecutivi (stabilmente) sul suolo italiano. Il secondo caso sostiene che si può avere la cittadinanza dopo aver effettuato cinque anni in scuole italiane e aver concluso un ciclo scolastico (elementari o medie) con successo. Questa legge può essere considerata come ampliamento di quella attuale, in quanto nel 1992, come ci ha ricordato Annalisa Camilli il 17 ottobre 2017 in un articolo su “L’Internazionale”, è stata approvata una legge, ancora valida oggi, secondo la quale si considera cittadino italiano chiunque abbia almeno un genitore italiano. Proprio per questo molti politici, come ad esempio quelli del Partito Democratico, ritengono che l’approvazione della legge sia una cosa vantaggiosa e giusta. Nello stesso articolo possiamo leggere che ora è in vigore lo “Ius Sanguinis” (diritto di sangue), il quale fa derivare la cittadinanza da quella dei genitori, oppure per matrimonio, ma non è sempre stato così. Infatti, la docente di Sociologia Politica Giovanna Zircone, nel saggio "Citizen Policy Making”, scrive che: “Quando l’Italia è stata unificata nel 1861, la sua prima legge sulla cittadinanza ha privilegiato il principio secondo cui l’appartenenza a una società doveva dipendere dall’appartenenza a una nazione, una comunità di persone che hanno gli stessi antenati”, ma lei stessa dice che è stata mutata dal codice Napoleonico, probabilmente rendendosi conto che i tempi sono cambiati. Inoltre Alessandro Bergonzi, attore, durante un’intervista dichiara: “Stiamo parlando di gente che è nata qui, non di sbarchi o di migranti, parliamo di italiani. Chiedo umilmente a tutti di meditare e studiare, anziché meditare ed offendere”. È proprio questo il punto del discorso, non si tratta di migranti ma di persone nate in Italia, che vivranno e studieranno qui e magari un giorno saranno le nuove menti; potrebbero essere proprio loro a favorire lo sviluppo del Paese e a far fiorire l’economia. Non bisogna avere pregiudizi, la storia lo insegna molte volte, ora sta agli uomini imparare le lezioni e non andare avanti per la propria strada con una mentalità di tipo anacronistico. D’altra parte c’è chi sostiene sia un azzardo, come si legge sul sito “Libertà e persona”. Nel blog si ha una visione limitata di ciò che è oggi la cittadinanza, infatti, viene scritto: “La cittadinanza non è un mero dato giuridico, ma prevede la “condivisione di valori comuni che sono alla base del sentimento di appartenenza e dell’integrazione del soggetto, all’interno di una comunità”, condivisione che fa sì che una data comunità possa, […], continuare ad esistere preservando i propri tratti identitari”. Questa idea ingiustificatamente sprezzante verso lo Ius Soli e verso la possibilità per tutti i bambini nati in Italia di essere italiani ha una matrice “razzista”, secondo la quale la legge genererebbe  discriminazione tra stranieri che hanno seguito il complesso di iter di integrazione e coloro che sfrutterebbero lo Ius Soli per regolarizzare la loro posizione usando il figlio. Questa concezione arretrata viene smentita dalla stessa legge, infatti, se venisse approvata tutti i bambini diventerebbero italiani se aventi un genitore residente stabilmente e legalmente in Italia da cinque anni (temperato) o se fossero stati studenti con successo per cinque anni. Gli stessi professori delle scuole hanno organizzato una manifestazione nella quale hanno definito la loro protesta come “un’azione simbolica per manifestare la centralità e l’importanza di una legge che riconosca  a chi è nato e studia in questo paese di essere cittadino italiano”. Persino Papa Francesco il 14 Gennaio scorso, durante la giornata Mondiale del migrante e del rifugiato, ha ricordato che la “Convenzione Internazionale sui diritti del fanciullo” “Offre una base giuridica universale per la protezione dei minori migranti.[…] Nel rispetto del diritto universale a una nazionalità -sottolinea il Papa-, questa va riconosciuta e opportunamente certificata a tutti i bambini e le bambine al momento della nascita”.

Per concludere, possiamo dire che lo Ius Soli supera le visioni “bigotte” sulla cittadinanza come legame di sangue e aiuta i bambini ad avere una vita migliore, senza essere condizionati dal passato delle loro famiglie perché ognuno di noi è diverso dall’altro. 

 

Denys Carbini  III C