Colombia: la guerra civile e le conseguenze ad oggi

17 gennaio 2019. Circa nove persone sono state uccise e decine sono i feriti dell’attentato con un’autobomba  accaduto verso le 10 (ora locale) nella scuola di polizia General Santander di Bogotà. Sta prendendo piede l’ipotesi che possa essere stato un attacco kamikaze: piano che sarebbe stato improvvisato dall’attentatore in seguito ai sospetti dell’unità cinofila che avrebbero portato alla modifica del piano iniziale. Un uomo, José Aldemar Rojas Rodriguez, si sarebbe infatti presentato alle 9.30 all'ingresso dei visitatori cercando di entrare con un furgone imbottito di esplosivo in un edificio della Scuola, dove, secondo il piano iniziale, l’avrebbe dovuto parcheggiare e far esplodere a distanza. Un cane addestrato al rilevamento di sostanze esplosive ha però subito avvertito qualcosa di sospetto sul furgone che stava entrando. All'improvviso, senza rispondere agli agenti che gli chiedevano di scendere per una perquisizione, l'autista, cambiando i piani, ha allora accelerato bruscamente, travolgendo un agente e schiantando il veicolo contro l'ingresso dell’edificio, facendolo esplodere. La zona è stata prontamente isolata e i vigili del fuoco e varie ambulanze sono intervenute. Intanto, il presidente Ivàn Duque e il ministro della Difesa, Guillermo Botero, che si trovavano in quel momento a Quibdò, hanno fatto ritorno a Bogotà ed hanno commentato l’accaduto su Twitter.

L’attacco non è stato ancora rivendicato, ma è probabile che si tratti di una delle organizzazioni guerrigliere che, nonostante la firma di uno storico accordo di pace nel 2016, rimangono ancora attive: l’ELN (Esercito di Liberazione Nazionale) e le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, diventate poi un partito con il nome di Forza Alternativa Rivoluzionaria del Comune).

Tutto ha origine nel 1964, quando le FARC nascono come risposta alla repressione militare di una rivolta contadina nella regione di Marquetalia. Manuel Marulanda Vélez, conosciuto con il nome Tirofijo, alla guida di un gruppo di contadini formati al marxismo, decide di passare alla lotta armata per fondare uno Stato indipendente all’interno del Paese. Il narcotraffico è la prima fonte di finanziamento per la guerriglia (500-800 milioni di dollari all’anno).

Di lì in poi, le FARC agiscono come un gruppo paramilitare con migliaia di combattenti arruolati nascosti nei boschi e altrettanti che eseguono nei centri abitati sequestri ed estorsioni ai danni di personalità dello Stato e di ricchi cittadini comuni. Ha inizio una serie di attentati che le porta ad essere riconosciute nel 2002 come organizzazione terroristica. In circa 50 anni, il conflitto civile ha fatto 260.000 morti (177.307 erano civili), 25.000 persone sequestrate, 11.000 persone che hanno sofferto le conseguenze delle mine antiuomo, 1.800 hanno subìto violenze sessuali, 45.000 dispersi e 6.900.000 di sfollati.

Nell’agosto del 2002, Álvaro Uribe diventa presidente con la promessa di reprimere con la forza il terrorismo interno. Il 4 febbraio del 2008, in tutto il mondo migliaia di colombiani partecipano alla più grande manifestazione contro la guerriglia, gridando: “No más FARC”(“Non più FARC”). Lo stesso anno, l’esercito uccide il leader del FARC, Tirofijo, e il loro portavoce Raúl Reyes. Nel 2010 comincia il mandato presidenziale di Juan Manuel Santos, che cambia strategia avviando una trattativa segreta con le FARC. Poco dopo, i militari uccidono il nuovo leader delle FARC, Alfonso Cano, sostituito da Rodrigo Londoño, meglio conosciuto con il nome di battaglia Rodrigo Londoño Echeverri, meglio noto con il nome di Timoleón Jiménez, o Timochenko.

Nel settembre del 2015 viene annunciato l’accordo di pace definitivo per il marzo del 2016, quando però salta e viene rimandato al 23 giugno 2016, data in cui viene finalmente firmato.

Il 1 settembre 2017, il leader delle Farc, Rodrigo Londoño, a Bogotà, annuncia la nascita del partito e l'iscrizione nel registro elettorale per poter competere alle elezioni. La rosa rossa sostituisce nello stemma i fucili incrociati e nel nome, modificato perchè ancora associato al conflitto armato, si mantiene la sigla ma con parole diverse: Forza Alternativa Rivoluzionaria del Comune. A distanza di due anni, però, la debolezza delle FARC e dell’ELN potrebbe avere conseguenze drammatiche: in gioco c'è la possibilità che il conflitto riprenda. Questo soprattutto a causa della disastrosa campagna elettorale e corsa presidenziale intrapresa frettolosamente da Timochenko. Da quel momento, infatti, per le FARC fu molto più difficile di quanto avessero previsto i suoi leader. Senza risorse, si ritrovano in solitudine tra l'astio dei media e le proteste in ogni posto in cui si tenga un comizio. Secondo molti, l'errore delle Farc è di aver concentrato l'attenzione nelle città, dove sono più osteggiate, e non nelle campagne profonde del Paese, dove sono più forti.

La vittoria di Ivan Duque, il candidato di destra, è stato il colpo finale. Contrario agli accordi di pace, che vorrebbe cambiare, il nuovo presidente ha inaugurato un clima politico e istituzionale ostile, tanto che ora le Farc sono costrette a rivolgersi agli organismi internazionali per far rispettare i termini degli accordi. Quello che è venuto dopo sembra ancora più grave. A non seguire i dirigenti delle FARC sono stati migliaia di guerriglieri: 1200 secondo i comandi militari di Bogotà, 2800 secondo Insight Crime (l'organizzazione che monitora i gruppi illegali del Paese). Dicono di voler continuare la missione delle vecchie FARC, ma su di loro pesano accuse di narcotraffico, fonte inesauribile dell'economia colombiana. Il partito è diviso sul da farsi e la strada è tutta in salita. Le FARC stanno imparando lentamente a muoversi in un terreno che non è la selva e in un gioco di diplomazia e consenso.

 

Febe Pappafico, III C LSA