LIBIAMOCI

Dopo l’uccisione di Mu'ammar Gheddafi  il 20 ottobre 2011 per mano dell’esercito della coalizione Francia, USA, Gran Bretagna, Italia, Canada legittimata dall’ONU, il Paese è stato soggetto a caos politico e questo ha provocato lo scoppio di una guerra civile nel 2012. Dalla sconfitta delle forze gheddafiane ad opera della coalizione occidentale, la Libia è stata lacerata tra numerose milizie armate rivali di ex ribelli affiliate a regioni, città e tribù, mentre il governo centrale è stato debole e incapace di mantenere la sua autorità sul Paese. In assenza di un esercito organizzato, le milizie armate degli ex ribelli hanno continuato ad affermare il loro ruolo di “guardiani della rivoluzione”, e un conflitto a bassa intensità tra milizie rivali è continuato nel 2012 e nel 2013 con circa 500 morti all'anno.

Il 7 luglio 2012, I libici votarono nella loro prima elezione parlamentare dalla fine del precedente regime. L'8 agosto 2012 il Consiglio Nazionale di Transizione cedette ufficialmente il potere all'interamente eletto Congresso Nazionale Generale (GNC), al quale fu affidato l'incarico di formare un governo e di stendere una nuova Costituzione da approvare in un referendum generale.

L'11 settembre 2012, militanti dell'organizzazione libica di Ansar al-Shari'a  attaccarono il consolato statunitense a Bengasi, uccidendo l'ambasciatore americano in Libia Christopher Stevens e altre tre persone. L'incidente suscitò sdegno negli Stati Uniti e in Libia.

Il 14 ottobre 2012, il Congresso Nazionale Generale elesse l'ex membro del GNC e avvocato per i diritti umani Ali Zeidan come Primo ministro. L'11 marzo 2014, essendo stato sfiduciato dal GNC per non essere riuscito a fermare una nave carica di petrolio non autorizzata a salpare, Zeidan si dimise, e fu rimpiazzato dal Primo ministro Abdullah al-Thani.

Scoppia così in Libia la seconda guerra civile tra due coalizioni e due governi rivali: da una parte il governo internazionalmente riconosciuto, sostenuto dalla Camera dei rappresentanti e dall'operazione Dignità del generale Khalifa Haftar; dall'altra parte il governo basato nella capitale Tripoli e sostenuto dal Nuovo Congresso Nazionale Generale e dalla coalizione di Alba Libica. Dopo ottobre 2014 una terza forza, i militanti affiliati allo Stato Islamico (ISIS), ha fatto ingresso nella guerra, prendendo il controllo della città di Derna. Nel giugno 2015 lo stato islamico attacca e conquista la città di Sirte ma allo stesso tempo vengono espulse da Derna la maggior parte della milizia dell’ISIS.  

A partire da marzo 2016, un accordo di pace negoziato dall'ONU ha portato all'insediamento a Tripoli di un nuovo Governo di Accordo Nazionale internazionalmente riconosciuto ma non ha ancora ottenuto l'appoggio della Camera dei rappresentanti di Tobruk e del generale Haftar.

Sin dalle prime fasi della guerra, l'Egitto e gli Emirati Arabi Uniti hanno sostenuto il generale Haftar, intervenendo anche con attacchi aerei contro Alba Libica e contro l'ISIS. Il Qatar e la Turchia invece hanno aiutato Alba Libica. Dal 2016, un crescente coinvolgimento delle potenze occidentali ha visto lo schieramento di forze speciali e bombardamenti statunitensi contro l'ISIS a Sirte.

Il 12 maggio 2017 le milizie islamiste diedero vita a Tripoli ad una nuova coalizione detta "Fakhr Libya" (Orgoglio libico), che riprese il controllo dell'Aeroporto Internazionale di Tripoli e dei quartieri meridionali. Grazie a questa coalizione il 28 maggio le milizie ribelli furono costrette a lasciare Tripoli.

Secondo Libya Body Count, un'organizzazione non governativa che tiene il conto delle morti violente in Libia registrate dalla stampa, 2.825 persone, tra combattenti e civili, sono morte in Libia a causa dei combattimenti nel 2014, 1.523 nel 2015 e 1.523 nel 2016. Il numero di sfollati all'interno del Paese è passato da 80.000 nel maggio 2014 a 435.000 nel maggio 2015, su una popolazione totale di poco più di sei milioni di persone

L'instabilità e la guerra, abbinate a un contemporaneo aumento del numero di rifugiati nella regione, hanno reso le partenze dalle coste libiche verso l'Italia di rifugiati e migranti provenienti da Paesi africani e asiatici più facili e numerose. Dal 2014 si è così verificata un'impennata nel numero di sbarchi in Italia, principalmente dalla Libia, proseguita nel 2015 nella più ampia crisi europea dei rifugiati: gli sbarchi in Italia sono stati 170.100 nel 2014, e 153.842 nel 2015.

 

Nicolò Santoni, III C LSA